| | | Dal 2011 al 2021
451mila giovani italiani (18-34 anni) hanno lasciato il paese. Al netto
dei rimpatri, il saldo migratorio è stato negativo per oltre 300mila persone
(-317.042). Un’uscita che è ripresa nel 2022 e nel 2023, svanita ormai
l’illusione che i rientri nel biennio della pandemia potessero costituire
un’interruzione della tendenza. Ma affrontando il problema nel profondo
– come fa Fondazione Nord Est nel rapporto cui questa newsletter è dedicata
– non ci si può che smarcare in fretta dai freddi numeri per immergersi
appieno nella gravità della situazione, che innalza la fuga dei giovani
a vera emergenza nazionale.
Il secondo dato rilevante è la proporzione tra i flussi nei confronti dei
principali sei Paesi di destinazione: Belgio, Francia, Germania, Paesi
Bassi, Svizzera e Regno Unito. Per ogni giovane cittadino di queste nazioni
che sceglie di trasferirsi nel Nord Italia, più di 7 giovani italiani residenti
nel Settentrione fanno la scelta inversa.
In un mondo che parla di “caccia ai talenti” o di brain circulation,
il Nord Italia – solitamente lodato per attrattività rispetto al Mezzogiorno
– si presenta come una bottiglia senza tappo, orientata verso il basso.
In dieci anni è infatti raddoppiata la quota di laureati sul totale –
da 20% a 41% – di chi va via ed è aumentata di 17 punti quella dei diplomati,
da 26% a 43%. Purtroppo, l’immigrazione di giovani da paesi extra UE non
è sufficiente a compensare la perdita di capitale umano, per via del differente
livello di istruzione.
Ma perché se ne vanno? Una doppia indagine demoscopica della Fondazione
Nord Est ha coinvolto, da un lato, un panel di 1921 unità statisticamente
rappresentativo della popolazione tra i 18 e i 34 anni residente nel Nord
Italia e, dall’altro, 856 risposte di giovani coetanei espatriati – sempre
provenienti dal Nord Italia –, così da fornire la risposta quanto più
completa possibile al quesito fondamentale.
I risultati dei due sondaggi sono contenuti nel Report della Fondazione
Nord: “I giovani e la scelta di trasferirsi all’estero. Propensione e
motivazione”. Il Report, realizzato grazie al supporto della Regione del
Veneto, è disponibile su Amazon.
Tra le prime osservazioni emerge che un expat ritiene il proprio futuro
più ricco di opportunità e maggiormente frutto del proprio impegno rispetto
ad un coetaneo residente nel Settentrione, anche se in generale risulta
più esigente in fatto di condizioni di lavoro. Vi è invece concordanza
nell’attribuire ad un’atmosfera di lavoro piacevole e ad un “buon equilibrio
fra vita lavorativa e vita privata” i primi due gradini del podio della
classifica per importanza degli aspetti nella scelta di un impiego. La
medaglia di bronzo assegnata nelle priorità alla retribuzione dimostra
la costante sensibilità al tema, rilevata specialmente tra gli expat.
In generale è però importante cogliere come, misurando l’importanza di
un fattore tramite una scala da 1 a 5, vi sia una differenza contenuta
tra i valori attribuiti alla prima e all’ultima posizione. Questo a significare
come oggi, per trattenere giovani, laureati e non, sia necessario un impegno
a 360°, vista l’aumentata sensibilità anche verso aspetti un tempo più
marginali come l’equilibrio tra vita e lavoro, la sicurezza e la sostenibilità.
Inoltre, più di un giovane su tre residente nel Nord Italia immagina il
proprio futuro prossimo – orizzonte di tre anni – al di fuori dello Stivale
ed indica le occasioni di crescita professionale come prima motivazione
per l’espatrio, anche se una porzione consistente sarebbe disposta ad
accettare un impiego non in linea con la propria formazione, pur non accettando
uno stipendio basso. È indicativo come solo il 16% degli expat – che in
tre casi su quattro avevano già avuto esperienze all’estero – si immagina
in Italia nei prossimi tre anni e comunque indica la famiglia come principale
motivazione di rientro.
Se ha risposto che immagina il suo futuro all'estero nei prossimi 3 anni,
sarebbe disponibile ad accettare un lavoro non in linea con la sua formazione?
(Val. %)
Se ha risposto che immagina il suo futuro all'estero nei prossimi 3 anni,
sarebbe disponibile ad accettare un lavoro con un basso stipendio? (Val.
%)
Insomma, la tanto decantata qualità della vita del Bel Paese – pur con
parziali eccezioni riguardanti il servizio sanitario e il sistema universitario
– non sembra essere percepita come tale dalle giovani generazioni di italiani,
le quali sono alla ricerca di migliori opportunità economiche e di lavoro
e si sono dimostrate pronte alla scelta più drastica: espatriare. Così
creando nel Settentrione un vuoto di capitale umano, potenziale innovativo,
di crescita e di sviluppo economico e sociale difficilmente colmabile.
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