| | | Ai ritmi attuali
di aumento dell’occupazione femminile servono molti anni per raggiungere
il livello della regione di Stoccolma: 10 per il Veneto (dove i progressi
sono stati più rapidi) e ben 27 per il Piemonte. Lombardia ed Emilia-Romagna
indietro di 23 e 19 anni. Il divario di genere è altissimo anche nelle
fasce più giovani della popolazione.
Nord
Italia: dove il lavoro ha ancora il genere
La mappa
dell'occupazione femminile nel Nord Italia racconta di ampie disparità
territoriali, opportunità frammentate e potenzialità inespresse,
con gravi ritardi rispetto ai paesi europei più avanzati. Ritardi da colmare
rapidamente di fronte all’avanzare della glaciazione demografica e alla
bassa attrattività per i giovani, che considerano la discriminazione di
genere come un fattore di allontanamento.
Il Nord-est
italiano, con un tasso di occupazione femminile al 68,4%, si posiziona
12,5 punti percentuali sotto l'Estonia (80,9%),
il Paese più virtuoso in Europa, e 11,8 punti sotto la Svezia (80,2%).
La migliore
performance nordestina è dell’Alto Adige (74,2%), comunque 6,7 punti distante
dall'Estonia,
collocandosi più vicina ai livelli della Repubblica Ceca (74,5%) e dell'Irlanda
(74,3%). Le
altre regioni mostrano ritardi più marcati:
il Veneto (67,4%) è distante 13,5 punti dal vertice europeo, il Friuli-Venezia
Giulia (66,7%) segna un gap di 14,2 punti e l’Emilia-Romagna (69,1%) mostra
un distacco pari a 11,8 punti percentuali.
Il Nord-ovest
ha un tasso del 65,9%, con un ritardo ancora più accentuato rispetto ai
paesi leader:
distanziato di 15 punti dall'Estonia e 14,3 dalla Svezia. All'interno di
questa macroarea, solo la Valle d'Aosta (73,3%) riesce a contenere il divario
a 7,6 punti dal vertice europeo, mentre
la Lombardia (66,7%) è lontana 14,2 punti.
Le situazioni più critiche nel Nord-ovest riguardano il Piemonte (64,5%)
e la Liguria (64,1%), che registrano ritardi rispettivamente di 16,4 e
16,8 punti percentuali rispetto al Paese più virtuoso.
Figura 1 – Tasso di occupazione femminile nelle regioni del Nord Italia
e nei Paesi UE (20-64 anni, 2023)
Fonte: elaborazioni FNE su dati Eurostat
Il
gender gap nell’Italia settentrionale è un multiplo di quello dei migliori
Paesi europei
Il divario
occupazionale di genere nelle regioni settentrionali italiane, seppur in
riduzione, risulta ancora molto lontano dagli standard dei Paesi che hanno
compiuto i maggiori progressi nella promozione dell'occupazione femminile.
Il divario
occupazionale di genere nel
Nord-ovest
si attesta
a 15,6 punti
percentuali nel 2023,
mentre nel Nord-est
è pari
a 14,7 punti.
Il Veneto
mostra
il divario
più alto tra le regioni del Nord Italia: 16,6 punti -
un valore che è otto
volte quello dell’Estonia,
il paese con il miglior risultato in Europa.
Tra le regioni del Nord Italia, la Valle
d’Aosta si
distingue per la miglior performance, con un divario occupazionale di
8 punti, molto
vicino a quello dei Paesi
Bassi (7,8 punti).
Nel Nord-est, l’area più virtuosa è l’Alto
Adige,
che con un divario di 10,7
punti si avvicina ai migliori standard europei, seguito da Trentino
(12,4 punti), Emilia-Romagna (13,5) e Friuli-Venezia Giulia
(14,0).
Figura 2 – Divario occupazionale di genere nelle regioni del Nord Italia
e in alcuni Paesi UE (20-64 anni, 2013 e 2023)

Fonte: elaborazioni
FNE su dati Eurostat
Nel decennio 2013-2023 le regioni settentrionali italiane hanno proceduto
con passo corto verso la parità di genere. Meno timidi sono stati Veneto
e Trentino, che, partendo da un divario iniziale molto ampio, hanno registrato
i progressi più importanti: il Veneto è passato da 21 a 16,6 punti percentuali,
mentre il Trentino ha compiuto un balzo da 16,8 a 12,4 punti. Tuttavia,
il confronto con realtà come l'Estonia - che ha raggiunto l’esiguo divario
di 2,4 punti percentuali - rivela quanto la strada sia ancora lunga e il
ritmo dovrebbe essere più alto. Nel panorama della lenta riduzione del
divario di genere, Piemonte e Liguria emergono come casi anomali:
queste regioni hanno addirittura visto un peggioramento negli ultimi
dieci anni. Il Piemonte è passato da 14,3 a 15,4 punti percentuali,
mentre la Liguria da 15,8 a 16,2, muovendosi in controtendenza rispetto
al generale progresso delle altre regioni settentrionali. Il progresso
dell’Emilia-Romagna è stato minimo da 14,4 a 13,5 punti.
Il divario di genere colpisce anche in giovane età
Il divario
di genere colpisce tutte le fasce di età, come si evince dall'analisi delle
diverse coorti. Liguria e Friuli-Venezia Giulia registrano il divario
più elevato nella fascia 25-34 anni, pari a 18,2 punti percentuali,
un valore circa doppio rispetto a Germania ed Estonia e triplo rispetto
ai Paesi nordici.
Passando alla fascia 35-44 anni, le regioni del Nord Italia registrano
valori di divario di genere tendenzialmente elevati, con Alto Adige
e Valle d’Aosta che hanno il gap più contenuto, ma comunque nettamente
superiore rispetto ai Paesi europei più virtuosi.
Infine, nella fascia 55-64 anni, il gap occupazionale più alto
si registra in Liguria (18,9 punti) e Veneto (18,7), evidenziando
che il divario di genere in queste regioni tende a salire con l’età. Da
notare come questi valori risultano oltre tre volte superiori al
divario di genere registrato in Svezia (5,4), mentre in Estonia addirittura
diventa negativo, ossia l’occupazione femminile supera quella maschile.
Il quadro denuncia gravi problemi strutturali e una marcata discriminazione
di genere, presente in tutte le regioni del Nord Italia, che inizia in
giovane età e accompagna le donne lungo tutto il percorso lavorativo.
Figura 3 – Divario di genere per fasce d’età (punti percentuali, 2023)

Nota: Colore
più scuro corrisponde a divari più alti
Fonte: elaborazioni FNE su dati Eurostat
Progressi
sì, ma troppo lenti: da 8 a 27 anni per raggiungere la regione di Stoccolma
Quanti
anni occorrerebbero, ai ritmi attuali, per portare il tasso di occupazione
femminile nelle regioni italiane settentrionali ai livelli delle regioni
europee più avanzate? Prendiamo
come obiettivo la regione di Stoccolma e calcoliamo il tempo necessario
usando l’incremento annuo nel 2013-2023 registrato da ciascuna regione
del Nord
Italia.
In Piemonte il mantenimento della crescita annua inferiore all’1%
spingerebbe il raggiungimento del target oltre il 2050, un orizzonte
temporale lunghissimo per una delle principali economie regionali del Paese.
Guardando complessivamente la media del Nord-ovest, con un ritmo di crescita
pari a 0,91% l'anno rischia di cronicizzare il divario di genere.
Il passo più svelto è stato osservato in Valle d'Aosta e Veneto,
che al ritmo attuale potrebbero avvicinarsi al target rispettivamente
nel 2033 e nel 2035. Più preoccupante è la situazione della Liguria
e dell'Emilia-Romagna che avanzano con una lentezza tale da non raggiungere
l'obiettivo prima del 2044.
Figura 5 – Proiezione di crescita dell’occupazione femminile verso il
target Stoccolma: Nord-est
Fonte: elaborazioni
FNE su dati Eurostat
Figura 6 – Proiezione di crescita dell’occupazione femminile verso il
target Stoccolma: Nord-ovest
Fonte: elaborazioni
FNE su dati Eurostat
Questi dati mostrano come il lento cammino verso l'uguaglianza non sia
solo una questione nazionale, ma una responsabilità che coinvolge direttamente
i territori. Senza un cambio di passo nelle politiche di conciliazione,
nei servizi di cura e negli incentivi all'occupazione femminile, molte
regioni italiane rischiano di consegnare alle prossime generazioni un mercato
del lavoro ancora segnato da profonde disuguaglianze.
Guardare con uno sguardo critico il cammino degli ultimi dieci anni può
insegnarci molto. I progressi, seppur presenti, restano troppo lenti
e sottolineano l'urgenza di politiche pubbliche più ambiziose e
di pratiche aziendali incisive, capaci di imprimere una svolta significativa
al tasso di crescita dell'occupazione femminile nelle regioni del Nord
Italia1.
Questa
nota è stata preparata da:
Luca Paolazzi, Direttore scientifico
Alice Giacomelli, ricercatrice junior
Elisabetta Lamon, ricercatrice senior
Slavica Zec, ricercatrice senior
1 L'analisi
presentata si basa sui tassi di crescita 2013-2023, offrendo un quadro
statico che non considera le profonde trasformazioni attese. I dati attuali
potrebbero sottostimare fattori cruciali come l'aumento dell'occupazione
femminile nelle coorti giovani, l'uscita dal mercato del lavoro delle generazioni
più anziane e le potenziali accelerazioni derivanti da innovazione e cambiamenti
strutturali
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