Trasferimento tecnologico e di conoscenza per l’innovazione: un processo di alleanza interattivo
Le trasformazioni industriali connesse all’accettazione in particolare delle nuove tecnologie implicano la formazione di networking di collaborazione complessa formati da imprese, università, centri di ricerca, enti intermedi e pubblica amministrazione. Il raggiungimento di risultati realmente competitivi dei nuovi sistemi collaborativi nati sulla spinta dell’adozione delle Strategie di Smart Specialization e l’impulso alla creazione di nuovi acceleratori di innovazione quali i Competence Center ed i Digital Innovation Hub hanno dato vita in alcune regioni italiane a delle vere e proprie nuove “configurazioni industriali basate sui cluster e servizi avanzati”.
L’importanza del knowledge translation nelle PMI
Industria 4.0 e lo sviluppo pervasivo delle reti di impresa hanno fornito nuova attualità al tema del trasferimento tecnologico. Questa tendenza ha portato a far convergere tre paradigmi diversi, ma concorrenti fra loro:
open innovation, absorptive capacity e apprendimento. Questa convergenza si è resa necessaria per produrre un’innovazione efficace, attraverso competenze generative, cioè basate su nuove conoscenze acquisite dall’esterno dell’azienda e tradotte in competenze attraverso la loro applicazione operativa. Da più parti infatti si evidenzia come
negli ultimi anni siano state prodotte moltissime nuove tecnologie e accumulate nuove conoscenze che non sono state ancora utilizzate: una delle cause a livello europeo, ma ancor più riferibile al nostro sistema regionale è la numerosità e la dimensione delle imprese ed il ritardo e la frammentazione dei sistemi della conoscenza nella trasmissione dei saperi verso i sistemi industriali. Lamy (2017) nel Report di indirizzamento alla Commissione Europea della Ricerca&Innovazione verso il 2030 ribadisce che se l’Europa vuole rimanere competitiva per livello di innovazione deve trovare modalità efficaci e veloci di
knowledge translation.
Il problema è che in comparazione alle altre maggiori economie mondiali la conoscenza prodotta non fluisce e non viene sufficientemente capitalizzata in innovazione sviluppata nelle e dalle imprese (come mostra il confronto tra EU - US).
Occorre trasferire tecnologia e conoscenza prodotta applicandola e incorporandola nelle prassi, nei processi e nella cultura delle imprese.
Il processo di
“knowledge transfer” riguarda l’identificazione della tecnologia accessibile, che già esiste, la sua acquisizione e la successiva applicazione per sviluppare nuove idee, questo comporta non solo uno “spostamento” ma soprattutto nuova “conoscenza agita”, praticata nello specifico processo di innovazione della singola impresa, e per quello che più ci compete, in particolare nella manifatturiera.
Le diverse fasi di questo processo sono interattive, non lineari come invece spesso vengono descritte, con una continua relazione fra “investire”, “acquisire” ed “applicare” rendendo efficace il processo di acquisizione di tecnologia e di scambio di conoscenze. L’esigenza urgente di ricorrere a nuove tecnologie e conoscenze dall’esterno nasce da cambiamenti radicali di:
•
tempi della competitività che rendono inadeguata l’acquisizione attraverso l’apprendimento
“path dependence”, per esperienza: il formarsi dell’esperienza è lento;
•
tasso di evoluzione delle tecnologie e loro grado di novità;
•
trasversalità delle tecnologie dovuta all’aumento del fascio tecnologico richiesto dal prodotto (
“technologies bundel”);
•
normative sempre più stringenti, come quelle relative al consumo energetico, ai tassi degli indici di inquinamento, alla sicurezza ed alla sostenibilità;
•
passaggio a reti integrate, ad esempio indotte dalle tecnologie legate alla connettività, sensoristica, internet delle cose.
Molti di questi cambiamenti non possono essere positivamente gestiti se non si integrano i rapporti di
“knowledge alliances” in particolare con le Università, rivolgendosi all’esterno per far evolvere il tipo di conoscenze cercate a un livello sempre più alto e da innovazioni applicative di tipo
“research based”.
L’esperienza veneta
Coerentemente con quanto sopra esposto e per accompagnare questi processi, alcune prassi sono state sperimentate ed altri approcci e strumenti sono in corso di sviluppo ed applicazione in Veneto, frutto anche di numerose collaborazioni e partnership europee, tra questi nel campo del:
a)
Trasferimento di Conoscenza e Trasferimento Tecnologico – oltre la formazione “tradizionale/adattiva”: sono in corso, nell’ambito degli interventi finanziati dalla formazione “tradizionale”, azioni e sperimentazioni per l’accompagnamento ai processi di innovazione concepita come trasferimento tecnologico e di conoscenza. Tra questi vanno segnalati alcuni progetti di Confindustria Veneto Siav che si è riferita alle pratiche apprese dal network internazionale UIIN (University Industry Innovation Network). Azioni comprese nei progetti Smart Manufacturing, Automation. Tech, Digital.Tech, Sensoristica e innovazione dei processi stanno creando relazioni positive tra
knowledge provider e
imprese spesso di piccole e medie dimensioni che hanno al loro interno prodotti e processi già ad elevata tecnologia e qualità, ma che devono ulteriormente spingere verso l’acquisizione di conoscenza perché l’innovazione diventi reale ed assorbita da tutta l’azienda: dall’imprenditore ai collaboratori ed alla filiera a cui l’azienda è collegata.
b)
Supporto al processo di Consapevolezza (Awareness). Nel modello di Liyanage (2009) che chiarisce l’intero processo attraverso il quale la conoscenza acquisita esternamente diventa conoscenza applicata e quindi innovazione, si dà ampia rilevanza alla prima fase di “Awareness”. Fornire un servizio qualificato di Assessment in Industria 4.0 (
www.industria-40veneto.it) va in questa direzione. Attraverso la messa a disposizione di uno strumento di analisi del posizionamento in relazione alle tecnologie 4.0 guidata da una persona qualificata ed indirizzare verso i migliori provider di tecnologia e conoscenza diviene strategico anche al fine di supportare le aziende in decisioni di investimento ad elevato potenziale di redditività.
Ancora più significativa a livello territoriale è l’esperienza delle Reti di Innovazione Regionale - sono 18 quelle nate nell’ultimo biennio - basate sulle strategie e partnership tra i diversi soggetti del sistema e che costituiscono la vera sfida per abbattere la storica barriera di collaborazione università-impresa causa di perdita di competitività e innovazione. In questo contesto possono essere richiamati alcuni risulti importanti:
c) il processo di
contaminazione che sta avvenendo dentro e fuori le Reti di Innovazione Regionale.
d) e gli effetti delle prime progettualità:
•
nuove alleanze Università-Impresa che si traducono in progetti e trasferimenti di conoscenza e tecnologia in un’ottica di ricerca collaborativa. In molti casi il leit motiv è legato all’economia circolare, non utilizzato solo in un’ottica di riciclo ma anche come elemento sul quale – attraverso innovazioni sulla tracciabilità dei prodotti - ripensare il modello di business, come è il caso delle aziende della moda;
•
nuove collaborazioni di imprese lungo la filiera, con la presenza sempre più frequente di aziende IT a fianco di aziende manifatturiere e in alcuni casi anche di aziende che operano nel sociale (disabilità, age management…);
•
nuove forme collaborative tra Reti, ad esempio relazioni positive tra reti “della sostenibilità” energetica ed ambientale e reti del “digitale” per il manifatturiero;
•
tecnologie Additive dei metalli “tradizionalmente” applicate alla manifattura ed ora trasposte anche all’Arte ed alla Cultura.
e) Infine, simbolici ma fisicamente significativi
“i 100 luoghi del 4.0”: aziende che si candidano ad essere living lab visitabili per altri imprenditori, con l’obiettivo di illustrare e contaminare altre aziende e stakeholder della tecnologia e della conoscenza.
Nuovo management per le reti di innovazione
Il confine fisico a cui deve riferirsi il nuovo management è inevitabilmente uno “spazio ampio” globalizzato, tecnologicamente avanzato ed in evoluzione in termini di gestione degli scambi commerciali, tecnologici, virtuali e delle risorse umane.
Nell’impresa intesa come unità organizzativa si devono considerare rapporti e relazioni non solo di tipo commerciale ma anche di partnership e collaborazione; alle filiere e rapporti di supply chain composte da altre imprese si aggiungono nuove relazionalità riferite ai “saperi” ed alle nuove composizioni sociali.
Il nuovo management deve poter fare riferimento conoscitivo ai megatrend che condizionano il presente ed ancor più il futuro. I cambiamenti climatici che implicano la necessità di agire in termini di sostenibilità, il cambiamento della struttura demografica che incide sulle piramidi di età aziendali, l’incisività applicativa dell’evoluzione tecnologica in azienda, nella mobilità e nella logistica: tutto ciò e molto altro ancora potrebbe essere considerato come area di intervento e accompagnamento al
“foresight manageriale”.
Anche l’evoluzione dei sistemi di impresa veneti verso la clusterizzazione è un evento che implica managerialità “intelligente”, aperta, evoluta e “sapiente” oltre che un’occasione per il management di ripensare il proprio posizionamento professionale e di modalità operativa.
La gestione di sistemi organizzativi complessi come i cluster e/o le reti di innovazione regionale richiedono già questo tipo di managerialità innovativa ed altamente competente, non solo per quanto riguarda le tecnologie oggetto delle collaborazioni di ricerca applicata e trasferimento di conoscenza, ma anche di gestione di sistemi complessi che vanno dalle relazioni con la Pubblica Amministrazione, alla comunicazione e visibilità dei progetti in corso, alla capacità di intercettare prassi e collaborazioni funzionali allo sviluppo e allargamento delle reti, alla ricerca di finanza agevolata per il supporto e sviluppo dei progetti di ricerca, alla connessione con pratiche interregionali, nazionali, europee ed internazionali.
Tutto ha strette relazioni con la gestione di sistemi organizzativi complessi o le “reti” che devono contemporaneamente gestire azioni “legate al territorio”, ma dall’altra parte interfacciarsi con sistemi di clusterizzazione a livello nazionale ed ai più avanzati sistemi di clusterizzazione europei ed internazionali.
“Manager dell’Innovazione e nuova occupabilità nelle reti di innovazione regionali”: strumenti a supporto del management
Una collaborazione tra Confindustria e Federmanager per la managerializzazione delle reti e l’inserimento di elevate professionalità è già attiva in questa direzione ed ha già portato all’identificazione di un temporary manager che sta supportando aziende tecnologicamente avanzate nelle azioni di Assessment in Industria 4.0 e promuovendo la loro parte cipazione al Progetto “100 luoghi di Industria 4.0”; altri quattro temporary manager saranno coinvolti a breve per supportare la gestione di quattro Reti tra le più significative per il sistema manifatturiero: Improvenet, Sinfonet, M3-Net, Face.
L’ accompagnamento al management poggia su tre assi principali: