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Innovare in azienda: la storia di AzzurroDigitale
Jacopo Pertile, co-founder di AzzurroDigitale racconta la storia della loro Startup: metodologie, tecnologia e approcci per innovare in azienda.

Nome, età

Jacopo Pertie, 29 anni, co-founder di AzzurroDigitale.

Potresti presentare brevemente cos’è AzzurroDigitale e cosa fate?
AzzurroDigitale è una società di consulenza strategica digitale attiva da 3 anni prevalentemente nel nord est italiano. Accompagnamo le organizzazioni nel loro percorso verso il 4.0 sia dal punto di vista della consulenza che dallo sviluppo di soluzioni software. L’obbiettivo è chiaramente quello di renderle più efficaci ed efficienti sfruttando le grandi opportunità della Quarta Rivoluzione Industriale mettendo sempre e comunque al centro le persone.
Il nostro target è rappresentato da grandi aziende manifatturiere con plant produttivi.

Qual è l’approccio che vi differenzia da altre start-up o aziende?
Siamo una startup nativa digitale e crediamo fortemente nell’open innovation. Pertanto una delle prime iniziative che abbiamo avviato appena partiti è stata costruire una forte relazione con il mondo universitario, bacino incredibile di talenti, idee e competenze. E infatti, assieme al professor Finotto (delegato al trasferimento tecnologico dell’università Ca’ Foscari) nonchè ex professore mio e del mio socio Carlo Pasqualetto nel periodo Ca’ Foscarino e al team del professor Vienlli (Unipd), abbiamo sviluppato un nuovo approccio per gestire i problemi/opportunità legati alla digital transformation.
I progetti di Digital Transformation sono «Wicked Problem» cioè problemi che presentano molteplici soluzioni possibili, in cui non esiste una sola via per raggiungere l’obbiettivo indicato e tendenzialmente presentano, come li definisce Giuseppe Mayer (CDO Armando Testa) nel suo bellissimo ultimo libro, tantissimi nodi decisionali (stakeholder coinvolti nel processo). E proprio sulla base di queste premesse abbiamo sviluppato un funnel di lavoro che pone al centro le persone. La prima fase si concentra sul sensibilizzare i talenti aziendali alla digital transformation modificandone il mindest e portandoli da attori resistenti al cambiamento ad essere ambasciatori della Quarta Rivoluzione Industriale. Nella seconda fase definiamo assieme al top management la Digital Business Strategy e assieme agli stakholder impattati, andiamo a co-progettare - utilizzando una declinazione del design thinking applicato al 4.0 - possibili nuove soluzioni. Nella terza fase mettiamo a terra la strategia costruendo degli MVP (minimum viable product) con un approccio agile. L’obbiettivo in questa fase è validare le soluzioni nel minor tempo possibile, individuando e misurando i principali KPI facendo investire il giusto tempo e limitate risorse finanziare alle organizzazioni ma arrivando ad ottenere risultati chiari. Se gli obiettivi prefissati vengono raggiunti con l’MVP, allora si passa all’ultima fase, il cosìdetto scale-up arrivando a costruire una soluzione solida e scalabile all’interno dell’organizzazione.

Potresti spiegare in poche battute cos’è il Design Thinking?
Il Design Thinking è un approccio all’innovazione che si basa sull’abilità di integrare le capacità analitiche frequentemente supportate da metodologie e tecniche quantitative con le attitudini creative basate su processi di inferenza maggiormente sintetici e diretti. Si è diffuso inizialmente come approccio all’innovazione principalmente grazie alla collaborazione tra IDEO e l’università di Stanford e oggi stanno nascendo molteplici nuove dinamiche di diffusione permeando in settori molto diversi, ma soprattutto impensabili sino a 10 anni fa come appunto quello sviluppato da noi sul 4.0 o l’ultimo introdotto da IDEO sulla Circular Economy.


Potresti raccontarci uno dei vostri progetti in corso in azienda in cui usate questa metodologia?
Uno dei tanti progetti dell’anno passato è stato quello fatto con Punto Ciemme grazie al management lungimirante e all’imprenditrice, la dottoressa Calzavara, che ha capito le potenzialità dell’approccio. Coinvolgendo i collaboratori di Punto Ciemme (dall’operaio fino all’imprenditrice stessa), alcuni loro clienti e le istituzioni con cui collaborano, siamo riusciti a trasformare la Value Proposition cambiando radicalmente il posizionamento nella mente del cliente a lavorando sul concetto di Servitization. Oggi Punto Ciemme è diventata ovviamente una società che produce stand fieristici, ma soprattutto una società di consulenza che accompagna il cliente co-progettando lo stand che verrà poi prodotto e mandato nelle fiere sparse per il mondo. Lo stand diventa solo la punta dell’iceberg di un processo collaborativo cliente-azienda, posizionando Punto Ciemme ad un livello più alto rispetto ai suoi competitor e offrendo ai clienti un servizio completo che si riflette nel miglioramento dei KPI standard di una fiera.

Raccontaci del progetto “Design Thinking Meets Industry 4.0”?
Design Thinking meets Industry 4.0 è un progetto creato per liberare tutto il potenziale innovativo che sottende l’evoluzione INDUSTRY 4.0, sviluppando soluzioni attuabili utilizzando il Design Thinking. E’ un percorso interaziendale nato lo scorso anno con il supporto dell’Università di Venezia e di Padova e finanziato dalla regione veneto in cui sono state coinvolte anche numerose startup verticali sulle tecnologie abilitanti al 4.0 (VR, Addictive Manufacturing ecc). I partecipanti sono stati 200 manager di 10 grandi aziende con plant produttivi situati anche nel nostro territorio: Electrolux, Stiga, Baxi, Nice, Carraro, Ferroli, Aristoncavi, Carel, Zoppas e Breton.
Il progetto (che ora è diventato uno standard di lavoro) si articola in tre momenti. Il primo è la cosìdetta Design Challenge Generation: abbiamo mappato i need 4.0 di tutte e 10 le aziende assieme al top management delle aziende individuando due chiare sfide da affrontare. Nella seconda fase, interaziendale, ognuna delle 10 aziende ospitava nei loro plant a turno e per una settimana continuativa 20 persone delle varie aziende (sempre diverse) e assieme, seguendo la nostra medologia, co-progettano soluzioni in risposta alle challenge proposte. Nella terza fase AzzurroDigitale si prende in carico le idee emerse e assieme al top management supporta le organizzazioni nella loro messa a terra e implementazione. In ben 6 aziende sono partiti dei veri progetti dopo il percorso. Ora molte nuove aziende si sono avvicinate a noi per entrare nel network e avviare una nuova edizione del percorso.

Progetti futuri? A Nord-Est o in un altro territorio? Perché?
Ad oggi lavoriamo prevalentemente in Veneto, Friuli ed Emilia Romagna. Ovviamente siamo presenti su Milano anche grazie al network Talent Garden di cui facciamo parte con grande orgoglio e soddisfazione. Da sei mesi a questa parte siamo entrati anche nel mercato Polacco e la nostra sfida ora è assolutamente quella di consolidarci nel nord est, sviluppare il mercato Polacco ed entrare in Germania. Siamo alla ricerca di nuovi partner con cui approccire questa II fase di AzzurroDigitale.