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Imprenditori allo specchio: le storie di chi ha fatto, fa e farà impresa a Nord Est - Pino Bisazza
Faccia a faccia con PINO BISAZZA

Nome, età
Pino Bisazza, 82 anni

Vuole raccontare qualcosa della sua famiglia? Ha figli?
Sono fortunato ad avere avuto una famiglia normale cosa che di questi tempi è diventata eccezionale. Due anni fa ho festeggiato i 50 anni di matrimonio: più si va avanti più ci si ritrova, si va molto più d’accordo. Abbiamo tre figli: due maschi e una femmina. Il secondo è un chirurgo e lo aveva deciso già alle medie di diventare medico, la prima ha sposato un ragazzo (ex ragazzo) romano che è diventato adesso CEO internazionale della nostra azienda. Si sono trasferiti a Miami perché il 50% della nostra attività è basata sugli Stati Uniti e sul mondo anglosassone. Tutta la famiglia è diventata americana, compresi i due nipoti. Il più giovane, invece, è qui a Vicenza ed è il Ceo della parte europea dell’azienda e della Orsoni di Venezia che sta trasformando in modo straordinario.

Il Giovane Pino Bisazza nel 2018 farebbe ancora l’imprenditore nel Nord Est?
Mi divertirei tantissimo a fare l’imprenditore oggi: secondo me è più interessante perché è più complesso e vincere le sfide difficili dà più soddisfazione. Certo oggi è necessario essere molto più preparati, anche se quello che è fondamentale è avere visione, intuizione che vuol dire anche capire e sapersi circondare delle persone giuste, di manager e collaboratori preparati e adeguati.
E poi oggi il mondo è pieno di occasioni. Negli anni ’60 bastava fare qualsiasi tipo di produzione perché dopo la guerra c’era bisogno di tutto. Adesso c’è spazio per tutto contemporaneamente: per un’azienda di nicchia come la nostra con una produzione unica, sartoriale per ogni persona e per le aziende automatizzate e standardizzate. In un mondo 4.0 noi siamo ancora un’eccezione, ma ci sono grandi opportunità per tutti: il mondo oggi è un posto bellissimo. Oggi fare impresa è un gioco tra tanti che vuol dire tanta competizione, ma anche grandi opportunità.

Se non facesse l'imprenditore, farebbe…
In realtà, non ho fatto l'imprenditore ma l'industriale. È importante perché se non avessi fatto l'industriale avrei fatto una attività produttiva, forse riprendendo antiche produzioni veneziane che sono sempre state una mia passione, ma sempre con lo spirito di creare un prodotto e lavoro.

Ha una frase o un pensiero che la guida nel suo lavoro?
Azienda come bene sociale. E’ un concetto che è sempre stato nella mia testa. La mia più grande soddisfazione, quando nel 1995 avevo l’azienda in India con 700 dipendenti, era sapere che avevo creato una nicchia in un paese poverissimo in cui almeno 5-6mila persone potevano vivere grazie al lavoro sviluppato dalla mia impresa.

Considerando la sua esperienza, oggi per fare l’imprenditore serve…
Serve una preparazione superiore a quella che era sufficiente avere anni fa, ma soprattutto bisogna amare e vivere questo lavoro e considerarsi fortunati a fare un lavoro di questo tipo che insieme a tante preoccupazioni regala tantissime soddisfazioni.

E quando ha iniziato lei?
Credo che non sia cambiato molto il Dna dell’imprenditore. Al centro di tutto rimane l’intuizione, la capacità di lavorare con gli altri, creare un team pur continuando a prendersi le responsabilità in prima persona.

Qual è stato, se ve n’è mai stato uno, il momento più difficile per lei nella sua carriera di imprenditore?
In Bisazza eravamo tre soci: io e i miei due fratelli. Eravamo d’accordo che loro sarebbero usciti dall’azienda e io sarei rimasto con i miei figli e mio genero. Una settimana prima del Natale del 1999, l’avvocato dei miei fratelli mi ha avvertito che le cose erano cambiate e loro avevano deciso di restare e mandare via me. Già un mese dopo ho fondato la Trend dove ho ritrovato la mia famiglia e ho ricominciato da zero. E non è mai troppo tardi per ricominciare eventualmente.

Qual è l’esperienza che ha avuto nella sua vita di imprenditore che più le ha dato soddisfazione?
Nel 1975 quanto ho fatto l’acquisizione dell’ultima azienda concorrente. In quegli anni si cominciavano a sentire le prime influenze arabe nelle aziende italiane e io volevo comprare questa azienda araba che non mi avrebbero mai venduto. Così con due “amici” di cui uno che faceva teatro abbiamo costruito tutta una trattativa con un acquirente finto, durata un mese, e alla fine ce l’ho fatta.

C’è stata una persona che è stata in grado di favorire, o al contrario di ostacolare, la sua carriera di imprenditore?
Certamente mia moglie: lei mi ha favorito nettamente. Nella vita a due bisogna essere o rendersi complementari. Mi sono sempre confrontato con lei che viene da un mondo imprenditoriale e quindi mi può aiutare e capire. Sono stato trovato fortunato a trovare una compagna che ha condiviso tutta la storia dell’azienda e del mio impegno anche in associazione.

Tra i suoi colleghi italiani o esteri, a cena con?
Premesso che non amo molto andare a cena, un collega che ammiro e quindi sarei curioso di andarci a cena è Leonardo Del Vecchio.

La qualità che le piace di più in un suo dipendente?
Data per scontata la capacità, richiedo ed apprezzo la sincerità.

Il difetto che più la infastidisce nelle persone?
Il difetto di puntualità e la falsità.

Se lei dovesse raccontare la sua azienda con un film o con un libro quale sceglierebbe?
Leggo parecchio, ma credo che le nostre aziende siano delle realtà singole, uniche. Sono come gli individui, ciascuna ha una sua caratteristica unica.

Un sogno non realizzato?
Le sembrerà strano ma non ho sogni perché ho realizzato le cose per me più importanti cioè: famiglia, lavoro, vita sociale e sportiva. Mi considero un uomo fortunato!