Dinamiche sociali e politiche

Gli spazi collaborativi nel Nordest d'Italia: diffusione, caratteristiche e implicazioni per le imprese del territorio
In linea con i recenti trend mondiali che indicano un aumento costante degli spazi di co-working – ormai quasi 8.000 con oltre mezzo milione di membri world-wide – negli ultimi anni si è assistito anche in Europa e nel nostro Paese a una proliferazione degli spazi collaborativi. Qual è la loro diffusione o il loro impatto nel Nordest?
Per spazi collaborativi si intendono luoghi di lavoro nei quali persone con background e competenze diverse, pur non lavorando necessariamente per la stessa azienda o sugli stessi progetti, operano a stretto contatto gli uni con gli altri, condividendo lo stesso ambiente di lavoro, stessi servizi e risorse3. Tale condivisione, oltre a costituire una soluzione appetibile per free-lance e start-upper all’inizio della loro carriera, favorisce la collaborazione, la contaminazione di conoscenze e la sperimentazione di idee, costituendo dunque un elemento a sopporto dell’innovazione a livello individuale, organizzativo e sociale.
Ma qual è la presenza di questi spazi nelle regioni del Nordest? Che tipo di attività svolgono e quali servizi offrono? Da chi sono frequentati e quali implicazioni hanno per le imprese del territorio e la gestione dell’innovazione?

A queste domande risponde la nostra recente ricerca “A multidisciplinary study of physical and on-line collaborative spaces and their implications for creativity and innovation”. La ricerca è stata condotta dal Dipartimento di Comunicazione ed Economia e dal Dipartimento di Scienze e Metodi dell’Ingegneria dell’Università di Modena e Reggio Emilia. Attraverso un’intensa attività documentale, è stata realizzata una mappatura dettagliata sulla localizzazione e la tipologia degli spazi collaborativi italiani. Sono stati poi condotti una survey su circa 130 frequentatori di spazi collaborativi presenti in Emilia-Romagna e una decina di case studies su spazi presenti in Veneto, Emilia-Romagna e Lombardia, realizzando un centinaio di interviste semi-strutturate a gestori e frequentatori di tali spazi.


La presenza e la tipologia di spazi collaborativi nel Nordest
Dalla nostra ricerca è emerso, innanzitutto, che gli spazi collaborativi sono un fenomeno consistente e in crescita nel Nordest, sia pur con differenze tra le diverse regioni del territorio. In particolare, mentre in Veneto e in Emilia-Romagna gli spazi di questo tipo superano il centinaio di unità (circa 110 in entrambe le regioni), in Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige i numeri sono più ridotti (siamo intorno ai 30 e 20 spazi, rispettivamente) e con un trend di crescita più contenuto. Dal confronto con la vicina regione Lombardia, dove gli spazi collaborativi sono quasi il doppio di quelli veneti ed emiliano-romagnoli, si rileva che, mentre la maggior parte degli spazi collaborativi lombardi – praticamente 7 su 10 – si concentrano a Milano, in tutte le regioni del Nordest c’è una distribuzione più diffusa.




Gli spazi sono più equamente distribuiti tra le diverse città e sono presenti anche in piccoli centri di provincia, spesso in luoghi con un’importante eredità industriale. Gli studi di caso hanno infatti evidenziato che frequentemente gli spazi collaborativi sono il risultato di processi di rigenerazione urbana e sociale che riqualificano edifici caduti in disuso (ad esempio, ex stabilimenti produttivi) anche con l’obiettivo di valorizzare e rinnovare il patrimonio di conoscenze e pratiche consolidatosi nel territorio rilanciando il tessuto culturale e sociale di un quartiere o di un’intera città. Emblematici sono, in tal senso, il caso dell’hub culturale BASE a Milano, situato nell’ex fabbrica Ansaldo, e lo spazio di innovazione sociale Kilowatt che si trova nelle ex serre municipali del comune di Bologna.




Altra caratteristica comune è l’eterogeneità che contraddistingue gli spazi collaborativi. Se è vero, infatti, che i co-working rappresentano la forma più diffusa (oltre il 50% di tutti gli spazi mappati), assumono una certa rilevanza anche altri tipi di spazi quali fablab, incubatori e acceleratori, hub creativi.




Ciò che emerge con chiarezza, però, è la difficoltà di tracciare confini precisi tra i diversi tipi di spazi, che tendono a contaminarsi fortemente tra loro. Dall’analisi emerge, infatti, che gli spazi collaborativi presentano caratteristiche tipiche di spazi differenti, in quanto offrono un insieme variegato di servizi che vanno dall’affitto di postazioni lavorative o meeting room all’organizzazione ed erogazione di corsi di formazione professionale e/o di percorsi di accompagnamento all’imprenditorialità. Analogamente, le attività svolte da questi spazi riguardano non solo la loro gestione caratteristica, ma arrivano a includere anche iniziative ed eventi di tipo sociale e culturale rivolti agli abitanti del quartiere in cui sorgono o alla cittadinanza in generale.




Ma chi sono i frequentatori degli spazi collaborativi?

Prevalentemente si tratta di persone con meno di 40 anni e con un livello di istruzione elevato; spesso sono liberi professionisti o giovani con contratti di collaborazione, ma una percentuale degna di nota (di poco inferiore al 30%) riguarda anche smart-workers o dipendenti di aziende che hanno deciso di spostare (o aprire) la propria sede in questi spazi.
Una caratteristica trasversale riguarda il fatto che si tratta di professionisti e lavoratori che svolgono attività creative e innovative (architetto, designer, videomaker, programmatore informatico, ecc.), il cui contenuto viene percepito come fortemente motivante e con elevati livelli di autonomia e flessibilità.





La percezione generalizzata che i frequentatori hanno di questi spazi è che si tratti di ambienti stimolanti, dinamici e orientati all’innovazione, dove la creatività viene supportata e incoraggiata attraverso un mix di risorse fisiche e tecnologiche (ad esempio, le piattaforme digitali collaborative) ma soprattutto sociali (aiuto e supporto reciproco, scambio e condivisione di conoscenza, opportunità di collaborazione).




La dimensione sociale e collaborativa sembra costituire una caratteristica fondamentale di questi spazi, spesso connessa all’idea di creare un senso di comunità, che è facilitato dalla dimensione contenuta degli spazi (nella maggioranza degli spazi mappati gli utenti che frequentano regolarmente gli spazi sono meno di 30) e che ha un forte impatto sulla creatività individuale. I gestori più consapevoli cercano di supportare queste dinamiche sociali e collaborative a partire dallo stesso design degli spazi lavorativi, le cui caratteristiche estetiche e materiali (ad esempio, l’architettura esterna, il layout degli uffici) non sono solo funzionali allo svolgimento dell’attività lavorativa, ma servono anche a trasmettere ai frequentatori una serie di valori (apertura, trasparenza, condivisione) e a costruire l’identità dello spazio stesso.


Gli spazi collaborativi sono utili alle imprese del territorio e contribuiscono all’innovazione?
In modo analogo a quanto accade nel resto d’Italia (per esempio, in Lombardia), gli spazi collaborativi rappresentano per il Nordest una risposta concreta al crescente numero di knowledge workers e gig-workers in cerca di un luogo di lavoro economico, di relazioni professionali e di una comunità attorno alla quale costruire una propria identità professionale, combattendo i rischi dell’isolamento e dell’insicurezza lavorativa. Gli spazi collaborativi rispondono anche alle esigenze delle tante start-up (innovative) del Nordest, che in fase di lancio sono alla ricerca sia di efficienza, sia di un ecosistema di relazioni che sostenga e faccia decollare la propria iniziativa imprenditoriale.

Pur essendo i benefici potenziali riferibili prevalentemente ai lavoratori autonomi, ai precari e alle micro-imprese in fase di start-up, questi spazi possono essere di utilità anche alle imprese di dimensioni più grandi localizzate nel territorio dove questi spazi sono presenti. Visto che sono sempre più numerose anche nel Nordest le imprese che riconoscono la possibilità ai propri dipendenti di lavorare a distanza (smart-working), lo spazio collaborativo può rappresentare un’efficace alternativa al lavoro da casa. I casi di studio condotti hanno dimostrato che i co-working possono offrire ai lavoratori dipendenti in regime di smart-working la possibilità di usufruire di adeguati spazi di lavoro, di una dimensione sociale positiva e di un ambiente innovativo, con ricadute positive in termini di soddisfazione e produttività. Inoltre, questi spazi rappresentano potenziali bacini di reclutamento per le aziende del territorio che possono andare alla ricerca di giovani talenti da inserire al loro interno o ai quali affidare la realizzazione di progetti. In alcuni casi, infine, le imprese già affermate possono anche decidere di trasferirvi la propria sede o una parte di essa (un reparto, un team, ecc.) al fine di beneficiare delle risorse relazionali e cognitive legate al fatto di entrare in contatto con un ambiente eterogeneo, aperto e stimolante e caratterizzato da una cultura di fondo orientata alla creatività.

Favorire l’ibridazione delle competenze interne con quelle degli altri attori presenti nello spazio condiviso può essere un fattore importante per sostenere la creatività e ovviare ai tradizionali problemi legati all’inerzia organizzativa e al rischio di essere troppo ancorati alle formule di successo del passato.
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