Città e Territori

La sharing economy turistica: il caso di Bologna
La sharing economy è la collaborazione tra pari per consentire la fruizione di bene e servizi tramite l’uso di piattaforme che permettono di estendere la collaborazione tra pari al di fuori dei gruppi dove è tipica (e.g. famiglie, associazioni e gruppi amicali). Nello studio di Unioncamere Emilia Romagna, su dati di AirDNA, viene analizzata l’area metropolitana di Bologna per verificare quale sia l’interesse degli utilizzatori di passare dalla proprietà all’uso di beni e servizi tramite piattaforme collaborative, dotate di sistemi di feedback.
Le dimensioni del fenomeno Airbnb
Nel caso di Bologna, si è registrato un sostanziale aumento degli incassi tra il 2015 e il 2017 con un +388%, passando da 6 milioni nel 2015 a quasi 30 milioni stimati per il 2017. Ma non solo: anche il numero delle unità disponibili sulla piattaforma sono arrivate a contare più di 7.000 unità, facendo registrare un +145%.
Per fare un confronto corretto tra l’ospitalità alberghiera tradizionale e quella offerta dalla sharing economy turistica si devono prendere in considerazione le notti per camera generate dalle due opzioni.
Nel 2016, Airbnb generava una notte per camera ogni 9,7 notti per camera generate dall’ospitality tradizionale. Nel 2017 la ricettività alberghiera di Airbnb è quasi raddoppiata, dimezzando la distanza tra notti per camera di Airbnb e strutture alberghiere.
Tuttavia tale confronto è solo parzialmente corretto dal momento che Airbnb offre diverse tipologie di alloggio: intere abitazioni, camere singole in appartamenti condivisi, posti letto in camere condivise. Quando si considerano intere abitazioni, inoltre, bisogna distinguere tra hotel comparable (monolocali o abitazioni con una sola camera da letto) ed entire place (abitazioni con più di una camera da letto e completamente disabitate almeno per l’intera durata del soggiorno).


Fonte: Monitoraggio delle strutture Airbnb, Novembre 2017. Open data del comune di Bologna

Le strutture hotel comparable rappresentano il 44% dell’incasso stimato per il 2017 (più di 13 milioni di euro, con una disponibilità di 20 notti/mese. La ricettività di tali strutture nel 2017 è raddoppiata rispetto ai dati del 2016.
Le strutture entire place, sebbene rappresentino meno del 56% delle strutture offerte sulla piattaforma, costituiscono ben l’80% dell’incasso complessivo stimato (oltre 23,9 milioni di euro). All’interno delle strutture entire place particolarmente interessanti sono le abitazioni con più camere da letto il cui target sono grandi gruppi e famiglie, perché capaci di offrire livelli di privacy e costi diversi rispetto alle tradizionali camere d’albergo. Perciò non risultano essere in stretta concorrenza con gli alberghi e rappresentano così flussi potenzialmente incrementali per il turismo locale.
Il core delle attività più propriamente sharing, rappresentato da quelle strutture che prevedono spazi di condivisione e tempi con gli abitanti abituali costituiscono,invece, soltanto un quinto del fatturato totale (6 milioni).

La sharing economy nei diversi territori: il cambiamento d’uso dei centri storici
La sharing economy dei soggiorni turistici permette di aumentare le entrate reddituali della popolazione in luoghi economicamente marginali che non attirano masse turistiche tali da giustificare investimenti in strutture alberghiere. Infatti ciò che viene sempre più richiesto sul mercato turistico è la possibilità di vivere esperienze autentiche e caratterizzate dal contatto con la natura e con le popolazioni locali.
Tuttavia a seguito della diffusione dei portali della sharing economy, si è verificato un cambiamento nell’uso economico e sociale di intere aree di città turistiche. Così, per alcune città come Matera e Firenze, i centri storici hanno iniziato a registrare un’alta percentuale di immobili che è ora possibile affittare attraverso piattaforme di sharing economy.


Fonte: Monitoraggio delle strutture Airbnb, Novembre 2017. Open data del comune di Bologna

Se Matera e Firenze hanno, rispettivamente, il 25,3% e il 17,9% di immobili dell’area metropolitana inseriti in annunci su piattaforme online, Bologna, invece, registra solo un 2,4% degli immobili in annunci su Airbnb nel 2017. Sebbene le percentuali di annunci sembrino basse, il dato da evidenziare sono i tassi di crescita quasi esponenziali che si registrano in tempi rapidissimi: gli annunci Airbnb a Bologna sono cresciuti del 140% nel giro di un anno.

Opportunità e rischi
La sharing economy offre forme di integrazione del reddito in aree marginali, ma culturalmente e paesaggisticamente interessanti, permettendo un arricchimento reciproco per ospiti e abitanti abituali. Un’altra caratteristica è l’opportunità, per famiglie e gruppi numerosi con scarse possibilità, di viaggiare e soggiornare con tariffe vantaggiose.
Al contrario, un problema che sta iniziando a manifestarsi è quello dettato dalla modifica dell’organizzazione sociale ed economica di interi quartieri della città, che, diventando sempre più assoggettati alle necessità turistiche, fanno perdere i legami economici e sociali con l’intera città. In tal modo si assiste ad uno “spiazzamento degli abitanti continuativi” per favorire alloggi con locazione a breve termine che assicurano un rendimento uguale se non maggiore alle locazioni a lungo termine.

È ragionevole pensare che il fenomeno dell’economia condivisa sia arrivata per restare e vada gestita.
Perciò una soluzione ottimale dovrebbe essere basata su una regolamentazione efficace che sia in grado di eliminare eventuali abusi e danni derivanti da esternalità.



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Link per accedere all'Open data del comune di Bologna: monitoraggio strutture Airbnb Bologna