Affrontare le problematiche di accesso al finanziamento per le PMI richiede finanza più “intelligente”, non solo più finanza. L’informazione gioca un ruolo fondamentale nella valutazione del merito di credito.
Big data e AI saranno di enorme supporto.
L’accesso al finanziamento per le piccole-medie imprese (PMI) rimane altamente problematico in Italia e in Europa, facendo emergere una chiara esigenza di soluzioni più innovative, sofisticate ed efficienti alle difficoltà che esistono sia lato domanda che offerta. Le PMI italiane sono mediamente molto indebitate e dipendenti dalle banche, le quali si trovano ad affrontare requisiti normativi sempre più stringenti. In parte, questo è dovuto a un mercato dei capitali ancora poco sviluppato in Italia ed in generale in Europa.
Una delle sfide chiave dell’Unione dei Mercati dei Capitali in Europa è quello di trovare il modo per le PMI di essere più visibili sui mercati dei capitali locali e europei, il che richiede di affrontare in maniera più efficace le asimmetrie informative che continuano a ostacolare il loro accesso al finanziamento. Ancora molte imprese ad alto potenziale risultano non essere in grado di assicurarsi accesso adeguato a finanziamenti, segnalando non tanto la necessità di maggiore finanza alle PMI, quanto di
finanza più “intelligente”, in grado di valutare meglio il merito di credito associato ai progetti imprenditoriali e, quindi, allocare il capitale in modo più efficiente. Per raggiungere questo obiettivo, l’informazione gioca un ruolo fondamentale. Il
digitale e
l’artificial intelligence (AI) hanno contribuito alla rivoluzione dell’analisi dei
big data; insieme all’esplosione dei pagamenti su
mobile e alla tracciabilità delle transazioni online, la base informativa disponibile per l’analisi del credito si è straordinariamente ampliata, creando le condizioni per un cambiamento importante nel modo in cui la finanza aziendale, anche per le PMI, sarà concepita e attuata.
ACCESSO AL CREDITO MENO PROBLEMATICO
I dati presentati nell’ultima indagine
SAFE (Survey on the Access to Finance of Enterprises) condotta da Commissione Europea e Banca Centrale Europea, evidenzia come il 7% delle PMI europee ritengano che l’accesso a fonti esterne di finanziamento sia una questione di primaria importanza.
Nell’area euro, l’Italia con l’8% rappresenta la seconda più grande percentuale di PMI (dopo la Grecia) che segnalano l’accesso a finanziamenti quale problematica più rilevante per la loro attività di impresa. Come mostra l’infografica, i fattori che oggi emergono quali prioritari per le PMI sono indicativi delle accentuate difficoltà nel competere a livello globale, con possibili effetti a medio-lungo termine sulla sostenibilità dei margini operativi, sulla generazione di flussi di cassa e sulla capacità di investire in sviluppo e innovazione. Questi elementi impattano sulla capacità di tali PMI di riuscire in futuro a far fronte ai propri impegni con creditori e azionisti, con conseguente effetto su ulteriore accesso al finanziamento.
Anche l’ultima Relazione annuale di Banca d’Italia (maggio 2018) evidenzia come le difficoltà di accesso al credito per le imprese italiane si siano sostanzialmente ridotte dal picco del 2012, ma rimangano ancora elevate rispetto ai principali paesi dell’area euro, soprattutto per le PMI. Risulta, infatti, notevole la diversità di andamento dei prestiti bancari per classe di rischio delle imprese: per quelle con una situazione economica e patrimoniale più solida (per lo più imprese di media e grande dimensione) la variazione dei prestiti è stata positiva, soprattutto nei settori caratterizzati da andamenti congiunturali positivi;
si è invece ulteriormente ridotto il credito erogato alle imprese più vulnerabili/rischiose, rappresentate in gran parte da micro imprese e PMI con bilanci più fragili.
I tassi di interesse bancari medi praticati alle imprese sono ancora scesi nel corso del 2017, arrivando al 2,2% nel marzo 2018;
resta però
elevato il differenziale tra i tassi di interesse applicati alle microimprese e quelli negoziati con società di grande dimensione; tale differenziale risulta incrementato rispetto al periodo pre-crisi, a conferma del fenomeno di “polarizzazione” che negli ultimi anni ha caratterizzato la valutazione del merito di credito e le conseguenti politiche di concessione e pricing di finanziamenti alle imprese da parte degli istituti bancari.
Tra il 2007 e il 2017 in Veneto, il tasso d’interesse medio applicato sullo stock dei debiti bancari delle imprese si è ridotto dal 5,8% al 2,5%, principalmente grazie alla politica monetaria espansiva della BCE, che si è riflessa nella decisa flessione dei tassi di interesse di mercato. La diminuzione del costo medio del debito bancario è stata, inoltre, favorita dalla ricomposizione del portafoglio prestiti degli istituti di credito a favore di prenditori meno rischiosi, nonché dagli interventi di razionalizzazione della struttura finanziaria da parte delle imprese tramite il consolidamento dei debiti a breve, privilegiando forme di indebitamento a scadenza meno oneroso. Anche per le imprese del Trentino Alto Adige e del Friuli Venezia Giulia il costo medio dell’indebitamento bancario si è ulteriormente ridotto: nel quarto trimestre del 2017 il tasso di interesse medio sui prestiti bancari a breve termine si è portato al 3,6% in Trentino, al 3,4% in Alto Adige e al 3,8% per il Friuli Venezia Giulia. La riduzione dei tassi ha interessato anche i crediti a medio-lungo termine